La sordità neonatale di grado elevato compromette, se non corretta, l’acquisizione del linguaggio.
Il percorso diagnostico che segue il sospetto di sordità emerso con l’esecuzione dello screening neonatale è finalizzato all’instaurazione precoce di una terapia che consenta nei primi mesi di vita il raggiungimento di una buona percezione uditiva e di conseguenza l’acquisizione del linguaggio.
La positività dei test di screening (otoemissioni acustiche e ABR) pone un sospetto di sordità che deve essere confermato con un iter diagnostico che prevede l’esecuzione dell’ABR, delle varie metodiche di audiometria comportamentale che sfrutta i riflessi condizionati e dell’impedenzometria.
Questi esami consentono, con buona approssimazione, utilizzati in modo complementare fra loro, la determinazione di una soglia uditiva. Ciascuno di questi esami studia un determinato range di frequenze uditive. La loro combinazione permette quindi di ricavare la soglia uditiva di tutte le frequenze dello spettro acustico.
La determinazione della soglia uditiva è indispensabile per un corretto approccio terapeutico che prevede inizialmente la protesizzazione acustica precoce del bambino nei primi mesi di vita.
La protesizzazione acustica viene adottata per le ipoacusie moderate, severe e profonde.
È indispensabile che il bambino sia messo nelle condizioni di sentire prima del compimento del terzo anno di vita.
Nei primi tre anni di vita si ha la massima plasticità cerebrale necessaria per la corretta acquisizione del linguaggio. È pertanto necessario che, individuata precocemente la soglia uditiva patologica, il bambino sia protesizzato quanto prima possibile (entro il primo anno di vita.)
Alla protesizzazione acustica deve essere affiancato un iter riabilitativo logopedico.
Il percorso “longitudinale” vede affiancati l’audiologo, l’audioprotesista ed il logopedista. L’audiologo ripete periodicamente i test diagnostici con la continua verifica della soglia uditiva, l’audioprotesista controlla l’efficienza della protesi acustica applicata, il logopedista la corretta acquisizione del linguaggio in rapporto all’età.
Dopo alcuni mesi, il team dovrà valutare se la protesizzazione acustica è sufficiente per garantire una buona percezione uditiva. In caso di accertata efficacia, l’iter proseguirà per gli anni successivi.
In caso di inefficacia si porrà indicazione per l’Impianto cocleare. L’impianto cocleare è una procedura complessa che, preceduta da una accurata fase di selezione, consiste nell’applicazione chirurgica di un dispositivo, vero e proprio organo artificiale, che, sostituendosi alle cellule ciliate della coclea, stimola elettricamente le fibre del nervo acustico.
Esso pertanto fornisce alla corteccia uditiva le informazioni necessarie per il corretto sviluppo del sistema uditivo centrale e, di conseguenza, l’acquisizione del linguaggio. Non può quindi sostituirsi al nervo acustico e alla corteccia uditiva che devono essere integri.
La procedura è il frutto di un lavoro di equipe in cui i singoli componenti, particolarmente qualificati, (chirurgo, audiologo, logopedista, psicologo) collaborano, interagendo e discutendo, caso per caso, le migliori scelte e strategie da adottare.
All’intervento chirurgico devono obbligatoriamente seguire la riabilitazione logopedica ed il periodico mappaggio dell’impianto.
Il mappaggio consiste in una sorta di “taratura” del dispositivo la cui funzione deve essere regolata in base alle risposte del paziente. In tutta la procedura è importantissimo il coinvolgimento del Pediatra di base e dei familiari che supportano il paziente nel suo percorso e si pongono come tramite fra lo stesso e gli operatori.
L’interazione fra le figure coinvolte dura per anni e accompagna il bambino nel suo percorso terapeutico fino al raggiungimento del risultato.